San Salvatore

Monasteri Imperiali Pavia

Alto Medioevo

Paolo Diacono testimonia la fondazione di un oratorio in onore del Salvatore da parte del re longobardo Ariberto (quindi tra il 653 e il 662) che poi vi fu sepolto, come i suoi successori Pertarido, Cuniperto e Ariberto II. Riferendo la notizia della fondazione, ne precisa l’ubicazione usando come punti di riferimento il fiume e la città: non lontano dalla confluenza del Navigliaccio con il Ticino, quasi in riva al fiume ma in posizione elevata, in mezzo alla campagna a poca distanza dalla cinta muraria, lungo la direttrice viaria connessa con la porta occidentale della città (porta Marica, poi Borgoratto).
La posizione esterna alle mura è però molto esposta e sembra legittimo ritenere che il complesso posso aver conosciuto un periodo di decadenza durante le operazioni militari che videro contrapposti i longobardi ai franchi di Carlo Magno.
Anche in seguito durante l’assedio degli Ungari, nel 924, attraversa momenti difficili e i monaci devono abbandonare il monastero per mettersi in salvo. Ma già nel 925 un diploma dell’imperatore Rodolfo II conferma al vescovo l’abbazia di San Salvatore; privilegio rinnovato nel 944 con i diplomi di Ugo e Lotario.
Lo stato degli edifici non deve essere dei più floridi se la regina Adelaide, moglie prima di Lotario e poi di Ottone I, decide di riedificare dalle fondamenta chiesa e convento. Chiama i benedettini e affida l’organizzazione religiosa al monaco Maiolo, abate di Cluny.
Siamo nel 971.

Basso Medioevo

Dopo che, nel 1024, i pavesi radono al suolo il palazzo imperiale, si ha notizia dell’esistenza di un altro palatium presso San Salvatore dove viene ospitato anche Federico Barbarossa.
Nel 1448 il Monastero viene unito alla congregazione dei padri di Santa Giustina di Padova i quali, tra il 1453 e il 1467, riedificano la chiesa con il relativo monastero che si sviluppa sul lato ovest, intorno al grande chiostro.

Età moderna e contemporanea

Nei decenni a cavallo tra il XV e il XVI secolo si colloca la realizzazione del ricco apparato decorativo.
L’inconsueto orientamento della chiesa, con la facciata a nord, è determinato con ogni probabilità della presenza della strada che, passando per Vigevano,  porta a Novara.
Il complesso subisce un rilevante intervento di rinnovamento nella prima metà del XVIII secolo, ben identificabile sia nell’apparato decorativo della chiesa, sia negli elementi architettonici del monastero: in particolare le grandi finestre e le torrette inserite per dar luce alle gallerie che disimpegnano le celle del primo piano.
Nel 1795, dopo la soppressione, il monastero viene concesso al Municipio che lo aveva richiesto per alloggiarvi un collegio per studenti; ma nel 1799“la città ha fatto allestire di tutto il bisognevole il locale di San Salvatore per Ospitale dei Russi”e ancora nel 1815 e questo risulta funzionante come ospedale militare.
La chiesa era rimasta aperta al culto come sussidiaria di San Lanfranco. Ma nel 1859 l’autorità militare chiede di occupare“d’urgenza e temporaneamente”prima la chiesa e poi l’intero monastero per alloggiarvi i pontieri; la destinazione diventa presto definitiva, la chiesa viene spogliata e rischia la distruzione. Nonostante l’uso improprio da parte dell’esercito, durato circa quarant’anni, la chiesa conservato una forte impronta benedettina grazie al fatto che buona parte dell’iconografia e della decorazione era ad affresco e quindi non asportabile.
Così, quando nel 1900, grazie alla Società per la conservazione dei monumenti cristiani, la chiesa viene riacquisita al culto (la riapertura ufficiale è del 21 marzo 1901) essa non perde le devozioni fondamentali legate all’ordine monastico e alcune cappelle conservano le antiche intitolazioni a San Benedetto, San Mauro, San Martino, San Maiolo.

 

* Testo di Luisa Erba tratto dalla collana Le chiese di Pavia
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